Ho sempre avuto grande rispetto per il significato delle parole. Nageire, il nome di questo stile di ikebana, tradotto letteralmente significa “(fiori) gettati dentro”.
Dunque il termine lascia intendere che l’intenzione debba essere quella di creare una composizione informale, frutto di un gesto spontaneo, in apparenza pressoché casuale.
E’ un ikebana che dovrebbe perciò risultare molto naturale, senza artifici. Nell’antico manuale “Nageire Kishi no Nami” (1740) si legge infatti di “disporre i fiori come se stessero crescendo sulle montagne o nei campi”.
Secondo la tradizione questo stile nacque nella seconda metà del XVI secolo per opera di Sen no Rikyū, famoso monaco zen e maestro della cerimonia del tè. La leggenda racconta che il maestro si trovava al seguito dello shogun Hideyoshi che, provocatoriamente, gli ordinò di comporre un ikebana in un secchio pieno d’acqua. Rikyu prese il suo pugnale, raccolse degli iris selvatici e li gettò dentro il recipiente. Ne risultò una composizione così bella che Hideyoshi esclamò: “Che meraviglioso nageire che hai fatto!”.
Il Nageire si diffuse in seguito molto rapidamente e, nel corso dei secoli, venne via via sempre più codificato, sino a comprometterne spesso l’originaria spontaneità.
Sognare la primavera pur rimanendo in sintonia con la stagione invernale. Ecco il pensiero da cui nasce questa composizione ikebana: l’Arum italicum e i rami con le gemme a testimonianza che l’inverno va rispettato e amato; l’iris per concedermi il piacere di immaginare già ora di potermi immergere in un prato fiorito.
Kōko, ovvero l’”austera dignità”, è uno dei principi dell’estetica zen. Questa settimana a lezione parleremo di questo tema e cercheremo di interpretarlo attraverso la pratica dell’ikebana.
Un vecchio pino, con la sua bellezza grave, asciugata fino all’essenza, con il suo tronco scavato, saldo e forte, è un’immagine fortemente evocativa di questo canone estetico.
Nandina. E’ lei la mia pianta preferita per esprimere attraverso l’ikebana il sentimento gioioso del Natale e di tutte le feste di questo mese magico. Le sue bacche rosse, le foglie screziate di sfumature cremisi e bronzee, le curve sinuose dei suoi rami, sono tutti elementi che danno vita ad uno splendido spettacolo per gli occhi e per il cuore.
La Nandina è una pianta originaria delle Cina e del Giappone ed è un classico del giardino giapponese, apprezzata soprattutto per il colore delle foglie autunnali e per i suoi frutti rossi. E’ robusta, facile da coltivare e dotata di un naturale sviluppo armonioso. Il nome latino, Nandina, deriva proprio dal suo nome giapponese, nanten.
Tradizionalmente considerata come una pianta di buon auspicio, da secoli viene piantata vicino all’ingresso della casa per impedire l’ingresso agli spiriti maligni. Ancora oggi le sue bacche sono utilizzate come ornamento nel periodo di Capodanno e regalate come augurio di un nuovo anno fortunato.
Bastano pochi fiori e qualche ramo per far risvegliare in noi quello sguardo un po’ fanciullesco, aperto sul mondo, sempre stupito della bellezza fuggevole della natura che si rinnova di stagione in stagione.
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