Ho sempre avuto grande rispetto per il significato delle parole. Nageire, il nome di questo stile di ikebana, tradotto letteralmente significa “(fiori) gettati dentro”.
Dunque il termine lascia intendere che l’intenzione debba essere quella di creare una composizione informale, frutto di un gesto spontaneo, in apparenza pressoché casuale.

E’ un ikebana che dovrebbe perciò risultare molto naturale, senza artifici. Nell’antico manuale “Nageire Kishi no Nami” (1740) si legge infatti di “disporre i fiori come se stessero crescendo sulle montagne o nei campi”.

Secondo la tradizione questo stile nacque nella seconda metà del XVI secolo per opera di Sen no Rikyū, famoso monaco zen e maestro della cerimonia del tè. La leggenda racconta che il maestro si trovava al seguito dello shogun Hideyoshi che, provocatoriamente, gli ordinò di comporre un ikebana in un secchio pieno d’acqua. Rikyu prese il suo pugnale, raccolse degli iris selvatici e li gettò dentro il recipiente. Ne risultò una composizione così bella che Hideyoshi esclamò: “Che meraviglioso nageire che hai fatto!”.

Il Nageire si diffuse in seguito molto rapidamente e, nel corso dei secoli, venne via via sempre più codificato, sino a comprometterne spesso l’originaria spontaneità.

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