ikebana di Jenny Favari con tulipani
Ikebana con tulipani

Sono davvero felice che sia arrivato il nuovo anno e spero che regali a tutti noi una ventata di rinnovamento. Qui da me sono già arrivate delle belle novità.

  • Ho intensificato l’insegnamento dell’Ikebana online e ho due nuove allieve a cui spero di trasmettere nel miglior modo possibile la mia passione per questa meravigliosa arte.
  • Collaboro felicemente con Gabriele (vedi alla voce ‘marito’) che da un anno a questa parte è diventato produttore di podcast.
  • Sto scrivendo un podcast tutto mio (argomento ancora top secret) che vorrei realizzare entro il 2022.
  • Insegnerò l’italiano alla mia maestra rumena di Metodo Feldenkrais e lo farò solo per il piacere di trascorrere un’ora alla settimana insieme a lei.
  • Spazio Bianco rimane in Multifactory R84 ma si trasferisce in uno nuovo studio che sarà funzionale sia per l’Ikebana che per l’attività di produzione di podcast.

Poiché lo studio è ancora in fase di allestimento, se vuoi venire a lezione nelle prossime settimane cercheremo di trovare una soluzione alternativa.

Anche l’Ikebana ha bisogno di una ventata di rinnovamento! 

Chi mi segue da tempo sa che sono sempre molto attenta alla stagionalità dei materiali che utilizzo e che, in genere, preferisco raccogliere rami e fiori nei campi o nei boschi piuttosto che acquistarli dal fioraio. 

Amo sentirmi in sintonia con la stagione e portarla all’interno nella mia casa. Questa è una regola che l’arte dell’ikebana ha sempre seguito, in particolare per gli stili più antichi.

Però la regola, per essere tale, ha sempre bisogno dell’eccezione e non deve diventare qualcosa di assoluto, facendoci irrigidire all’interno di uno schema mentale abitudinario.

A volte lascio andare la regola per il piacere di abbandonarmi a suggestioni che mi trasportano in luoghi lontani, che mi fanno viaggiare con la fantasia.

Se, per esempio, scelgo per la mia composizione la Strelitzia, lascio che la mia immaginazione voli in Africa. Osservo i sui fiori arancio a becco di airone, le sue foglie lunghe e coriacee, simili a quelle del banano, e sogno ad occhi aperti di passeggiare in pieno sole ai bordi di una boscaglia africana, con il naso per aria, intenta a raccogliere profumi mai sentiti prima.

Oggi, in un periodo in cui è diventato difficile programmare e organizzare i viaggi, abbandoniamoci alle fantasticherie che può regalarci l’ikebana! 

Oppure, come nella composizione in copertina, approfitto di un mazzo di tulipani per correre davanti al tempo e richiamare in me l’atmosfera della primavera

Piccole ‘trasgressioni’ per poi tornare con entusiasmo alle mie amate ikebana con i fiori di stagione.

Ikebana, corsi online

A volte una canzone risveglia un pensiero che era nell’aria. 

Mi è capitato proprio questa settimana con il famoso brano cantato da Lady Gaga e Bradley Cooper per la colonna sonora del film “A Star is Born”: Shallow.

Il testo racconta di una conversazione tra due persone che parlano del bisogno di approfondire la loro relazione e di andare oltre la superficie.“Vorrei vedermi sprofondare in acque molto più profonde. Credo – così commenta Lady Gaga – che dovremmo tutti prenderci per mano e tuffarci insieme, addentrandoci nelle più oscure profondità dell’oceano”. 

E tutto questo che cosa ha a che vedere con l’Ikebana?

“We’re far from the shallow now” – Stiamo lontani dal superficiale

Ecco che cosa penso quando vengo attratta da tutti quei video che girano in rete su come realizzare le composizioni di ikebana con le tecniche più stravaganti. Si vedono mani abilissime che danno vita a mirabolanti supporti per fiori con intrecci di bastoncini, fil di ferro arrotolati, foglie tagliuzzate, spilli, flower tape e mille altri espedienti che hanno lo scopo di provocare l’effetto Wow.

Vengo attratta da queste immagini e rimango a guardarle pensando che potrei farlo anch’io. Perché non lo faccio? Questa domanda ha una risposta che mi arriva dal cuore: per me non ha alcun senso. 

La mia ricerca va nella direzione della semplicità, della naturalezza e dell’incontro intimo e profondo tra uomo e natura. Portare eccessiva attenzione alla tecnica rischierebbe di lasciarmi in superficie, di navigare in acque basse, facendomi perdere così la gioia di andare al largo ed esplorare le ‘vastità dell’oceano’.

Come tutte le arti, l’Ikebana ci offre un’esperienza ricca di emozioni, pensieri, ricordi e sensazioni da raccontare. La tecnica non è la protagonista di questo racconto ma un mezzo al nostro servizio, utilissimo per un fine più alto. 

Questa mia riflessione si riallaccia ad un’altra del passato che trovi sul mio sito: la debolezza di voler stupire. Ti consiglio di leggerla se ami la poesia giapponese.

Ikebana, corsi online

I kaki e il concetto di Shibui

È arrivata la stagione del kaki 柿, il “melo d’Oriente”, il frutto nazionale giapponese. 

Un frutto che amo moltissimo, per il suo colore gioioso, la bella forma tondeggiante e un sapore morbido e dolce che è proprio dell’autunno.

Se si viaggia in Giappone in questa stagione, soprattutto nelle zone di montagna, si possono vedere file di cachi appesi ad asciugare all’aria aperta. Una volta pronti, questi kaki diventano un frutto essiccato, dolcissimo, che spesso viene utilizzato come ornamento decorativo di Capodanno.

Il kaki è anche una presenza importante nella letteratura e nell’arte giapponese. È una classica “parola di stagione”: dire “kaki” significa richiamare immediatamente l’autunno.

Se vuoi saperne di più sul kaki giapponese, qui trovi un interessante approfondimento, scritto dal giardiniere Giulio Veronese, ricchissimo di notizie, fotografie e curiosità. 

I kaki e il concetto di Shibui

Sul palmo della mano

rosseggia, rutilante nella sua pienezza,

un cachi.

Santōka Taneda (1882-1940)

In Giappone si contano oltre un migliaio di cultivar di Kaki di ogni forma, colore e dimensione: tondi, oblunghi o schiacciati, rossi e gialli, con costolature o rugati, con o senza semi. 

Ma la distinzione principale è fra kaki astringenti e non astringenti.I primi, shibugaki (渋柿), hanno la caratteristica di allappare la bocca quando non sono completamente maturi.

  • Shibui

Ed ecco che vengo al punto, all’argomento che mi interessa sviluppare. La parola Shibui letteralmente significa “aspro, astringente”, come il sapore caratteristico di un kaki acerbo.

È un termine giapponese che esprime un ideale estetico. Il fascino di un oggetto shibui sta proprio nel suo essere un ‘frutto acerbo’, la cui bellezza è nascosta, si intuisce ma va scoperta poco a poco, dandole il tempo di maturare. 

Una bellezza nobile che racchiude in sé i tratti della sobrietà, della riservatezza e della moderazione. 

Nell’Ikebana, una composizione floreale possiede la qualità dello shibumi quando, per esempio, non è sgargiante nel colore ed essenziale nella forma.

  • Kaki, simbolo di pace

Infine il kaki è anche un simbolo di pace e di rinascita. Nel 1995 l’artista Miyajima Tatsuo e il biologo Ebinuma Masayuki hanno creato un progetto per piantare nel mondo nuove piantine di kaki ricavate dall’unico esemplare sopravvissuto alla catastrofe atomica di Nagasaki. 

Qui trovi raccontato il loro progetto in italiano.

vecchio villaggio –
non c’è casa che non abbia
un albero di cachi

Matsuo Bashō (1644-1694)

Intervista a Jenny Favari sull'arte dell'ikebana

Vuoi saperne di più sull’ikebana e sul percorso che mi ha portato ad amare questa meravigliosa arte?

È online questa mia intervista, realizzata da Valentina Tibaldi e pubblicata dal magazine CureNaturali.it. La trovi qui.

Nel corso dell’intervista racconto di come l’Ikebana sia un’arte capace di coniugare ricerca estetica e benessere interiore grazie a un’intima, profonda connessione con la dimensione naturale; del significato che l’Ikebana può ricoprire nella vita occidentale, di come mi sono avvicinata per la prima volta a questa disciplina e di come si è evoluta nel corso degli anni in Italia.

Crisantemo. Cinque consigli utili per il trattamento del fiore reciso

Se ben curato, il crisantemo può durare molto a lungo. Questi sono i cinque passaggi fondamentali per il trattamento del fiore reciso.

1. La scelta

La prima cosa da fare è scegliere i crisantemi che iniziano ad aprirsi. Se raccolti troppo presto, i boccioli chiusi potrebbero non aprirsi mai, mentre i fiori completamente aperti non dureranno a lungo. 

2. Il taglio

Con un paio di forbici, di cesoie o un coltello ben affilati, taglia un paio di centimetri dal fondo degli steli. È sempre bene tagliare gli steli sott’acqua: è il metodo giapponese chiamato mizugiri. Questo metodo evita che si formino bolle d’aria nei vasi linfatici del fiore. Se il mizugiri ti risulta scomodo o difficile da praticare, taglia il gambo del fiore all’aria aperta e mettilo immediatamente nel vaso d’acqua.

È preferibile che il taglio sia angolare (45° circa) per aumentare la superficie di assorbimento dell’acqua, consentendo inoltre allo stelo di poggiare sul fondo del vaso su un solo punto.

Per fare durare più a lungo il fiore, la tradizione vuole che il gambo del crisantemo non si debba tagliare con le forbici ma vada spezzato con le mani. Puoi provare a farlo ma cerca di non schiacciare le fibre perché gambi sfibrati favoriscono la proliferazione batterica.

3. La pulizia degli steli

Rimuovi eventuali foglie che potrebbero finire sott’acqua. È un passaggio molto importante per tutti i fiori recisi perché, inevitabilmente, l’acqua fa aumentare il tasso di crescita batterica e i batteri si nutrono del materiale vegetale al di sotto della superficie dell’acqua.

4. Il vaso e l’acqua

Prepara il vaso, assicurati che sia pulito e riempilo bene d’acqua, meglio se tiepida, perché questo fiore beve molto. Quando sostituisci l’acqua, verifica se è necessario tagliare nuovamente gli steli: se noti una sorta di pellicola sottile e scivolosa che li avvolge, è il momento di un taglio perché questa pellicola è segno di un accumulo di batteri.

5. La posizione del vaso

Metti il vaso con i crisantemi recisi in una zona della casa che non sia interessata da correnti d’aria; lontano dalla luce diretta del sole, da condizionatori e caloriferi. Tienilo anche lontano da frutti in maturazione, che emettono gas etilene. 

Consigli di trattamento giapponesi

Infine una nota relativa al trattamento del crisantemo in Giappone. La tradizione consiglia di bruciare la punta dello stelo sulla fiamma, dopo averlo reciso nell’acqua, per evitare che il taglio marcisca e per facilitare la penetrazione dell’acqua.

In questo caso si avvolge il fiore o il ramo in un panno umido, per evitare che i vapori caldi arrivino al fiore; poi, tenendo il gambo in orizzontale, lo si avvicina alla fiamma, in modo che il fuoco arrivi a bruciare la sua parte terminale per circa due centimetri.

Inoltre, per conservare più a lungo le foglie, si usa bagnare la superficie inferiore tenendo il fiore capovolto sotto il rubinetto dell’acqua.

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