Cestino. Ikeban con una rosa

Finalmente è arrivata la stagione delle rose!

Riesci ogni anno a resistere alla tentazione di comperare le rose in inverno? Sì? Allora adesso sarà ancora più emozionante tornare ad ammirare la loro fioritura. In Italia ci sono bellissimi giardini che vantano roseti storici e che ora possiamo visitare.

In Giappone le rose crescono selvatiche. Eppure non sono quasi mai inserite nelle composizioni floreali tradizionali e non se ne trovano raffigurate nelle arti prima dell”800. Ma quelle di Fukuyama hanno una bella storia da raccontare.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, due giorni dopo il bombardamento atomico di Hiroshima la città di Fukuyama fu quasi completamente rasa al suolo da un raid aereo.
Dopo la guerra, quando la città era ancora semi distrutta, i cittadini decisero di piantare mille piantine di rose per offrire conforto alla popolazione e con l’idea che potessero rappresentare la compassione, la gentilezza e lo spirito di cooperazione reciproca.

Era la primavera del 1956. Quello fu l’inizio del Parco delle Rose che oggi conta oltre cinquemila rose di 280 specie diverse. I cittadini possono piantare nel Parco le loro rose, riconoscerle grazie a targhette personalizzate e ricevere così l’invito a tagliarle nel periodo della fioritura.

Qui da noi, in Italia, sabato 8 maggio riaprirà al pubblico il Museo Giardino della rosa antica che si trova a Montagnana di Serramazzoni, in provincia di Modena: oltre 800 varietà di rose lasciate nella loro forma naturale, così da poterne ammirare il loro portamento caratteristico.

Famosissimo in Piemonte, a Castagneto Po, il vivaio giardino di Anna Peyron, specializzato nella coltivazione di rose antiche e botaniche. Il suo catalogo online è davvero una gioia per gli occhi.

Le rose nell’arte. Per chiudere in bellezza, ecco una carrellata di dipinti che nel corso dei secoli hanno come protagonista la rosa. Da non perdere.

Cestino. Ikeban con una rosa
Ikebana con glicine. Corsi di ikebana
Ikebana con glicine. Il glicine in Giappone. Consigli.

Ho sempre invidiato chi in questa stagione può godere del  piacere di rilassarsi sotto un pergolato di glicine in fiore, la cui straripante bellezza s’accompagna ad un delicato e raffinatissimo profumo. 

Il glicine è tra i fiori preferiti dai giapponesi. È chiamato fuji, come il monte Fuji, con un leggera differenza di pronuncia. 

Veniva spesso piantato nei giardini delle residenze nobiliari; ne decantavano la bellezza i poeti e gli artisti; le sue fibre erano filate e utilizzate per tessere una stoffa molto resistente.

In Giappone la fioritura avviene di solito a fine aprile ed è spettacolare perché è tradizione far crescere la pianta su alti tralicci o pergolati, disposti in modo da creare lunghi percorsi per passeggiate riposanti.

In particolare, sono due i luoghi più celebri dove si può godere della vista del glicine in fiore.

❀  I Giardini Kawachi Fuji a Kitakyushu, con il loro famosissimo “Tunnel dei Glicini”. Qui sono presenti oltre venti specie e centocinquanta piante. 
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uesto bellissimo video ti farà immergere in un’atmosfera calma e sognante.

❀  Il Parco dei Fiori Ashikaga dove si trovano esemplari imponenti di diversi colori. Se visiti il sito ufficiale noterai una curiosità: il prezzo d’ingresso ai giardini aumenta in modo proporzionale all’avanzamento della fioritura!

Consigli utili

Il glicine è un fiore molto delicato ed è difficile mantenerlo in vita una volta raccolto. Ecco alcuni trucchi e suggerimenti che ho trovato nei miei libri:

  • Non tagliare solo il grappolo fiorito ma anche una piccola porzione di fusto. 
  • Scegli preferibilmente solo i fiori all’inizio della fioritura, quando il grappolo è aperto per circa un quarto della sua lughezza, e recidi sempre alla sera. 
  • Una volta raccolto, dividi con un taglio piuttosto lungo il fusto legnoso per consentire al glicine di assorbire più acqua. 
  • Immergi la parte terminale del fusto in alcool per pochi minuti.
  • Fai riposare durante la notte in acqua abbondante e calda. 
  • Una volta posizionato il ramo nel vaso, spruzza fiori e boccioli con una nebbia sottile di acqua fredda.

Tra tutti questi ‘trucchi del mestiere’, quest’anno ho sperimentato l’immersione della parte terminale del fusto nell’alcool e garantisco che funziona.

Ikebana Moribana con fiori di campo
Ikebana Moribana con fiori di campo

Ieri, passeggiando lungo una strada che costeggia la ferrovia, ho trovato un grande cespuglio di senape nera (Brassica nigra) e mi sono fermata a lungo ad osservarlo; poi non ho resistito alla tentazione di tagliare due steli per realizzare uno stile che amo molto: l’ikebana con le erbacce.

Naturalmente scherzo, perché questo ‘stile’ in realtà non esiste, anche se in Giappone le erbe spontanee sono a tutt’oggi molto apprezzate nell’arte dell’ikebana.

Ammetto di avere una spiccata simpatia per le Erbacce (sì, con la E maiuscola), quelle che crescono ai margini della strada, nei luoghi incolti e abbandonati, tra le macerie. Sono robuste, non hanno bisogno di nulla e regalano molto all’ecosistema; piante pioniere che nutrono gli animali e consolidano terreni nudi.

Tornata a casa, i fiorellini di senape hanno fatto volare nell’aria i loro piccoli petali, come se fossero festosi coriandoli gialli. L’ikebana poi è venuto da sé, quasi senza che me ne accorgessi.

Non sono certo l’unica ad amare le erbacce. Considerate per molto tempo soltanto delle piante infestanti, ora stanno tornando in auge. Facebook, tanto per citare un solo esempio, ospita numerosi gruppi di appassionati di fiori ed erbe spontanee. 

Inoltre, sono stati pubblicati libri molto interessanti sull’argomento. L’autorevole botanico inglese Richard Mabey ha scritto Elogio delle erbacce, in cui ne descrive la storia culturale, raccontando anche la loro presenza ispiratrice in ambito artistico-letterario. Non l’ho ancora avuto tra le mani ma sarà senz’altro uno dei prossimi libri che leggerò.

Gilles Clément, il celebre paesaggista, scrittore e agronomo francese, le chiama “piante ruderali” e, di nuovo, troviamo l’apologia di questa flora delle discariche nel suo Elogio delle vagabonde.

Per i golosi: Muro io ti mangio! di Maria Cristina Pasquali, Carlo Bava e Alessia Zucchi. 

Infine per i piccoli, ma non solo, cito il bellissimo silent book Sidewalk Flowers (edito in Italia da Pulce Edizioni) scritto dal pluripremiato poeta JonArno Lawson e illustrato da Sydney Smith. Qui trovi un breve trailer con alcune immagini.

Camelia. Ikebana con camelie

Questo è il primo fiore di camelia sbocciato sul mio balcone. Non è bellissimo? Ho acquistato una piccola pianta alcuni mesi fa e l’ho messa in un angolo riparato del mio piccolo balcone di casa, senza tante speranze. Mai avrei creduto di veder sbocciare un fiore così spettacolare!

Amo la camelia. Oltre ai fiori, utilizzo molto spesso nelle composizioni di ikebana i suoi rami e le foglie, di un verde scuro e intenso, coriacee e lucide, molto resistenti.

Per soddisfare tutte le mie curiosità su questa pianta sto leggendo “La Camelia”, libro scritto da Angela Borghesi, edito da Laterza. Lo consiglio per la puntualità delle informazioni, sia storiche che botaniche, e le belle illustrazioni. C’è anche un breve capitolo in cui si parla dell’ikebana e della fortuna di questo fiore nella letteratura e nell’arte giapponese.

Poi, certo, sarebbe fantastico poter visitare uno dei tanti giardini storici italiani dove la camelia è protagonista. Per il momento non possiamo farlo, ma ti lascio qualche indirizzo con l’augurio che i desideri si trasformino presto in realtà:

❀ Villa Durazzo Pallavicini a Pegli, in Liguria. Vanta il più antico camelieto italiano, datato 1856.

❀ Villa Anelli a Oggebbio sul Lago Maggiore. 

❀ La lucchese Villa Reale di Marlia.

❀ Il Camellietum Compitese, un’istituzione che si occupa della raccolta e conservazione delle camelie antiche toscane.

❀ I giardini dell’Associazione Grandi Giardini Italiani.

Spero così di averti trasmesso un po’ del mio amore per questa pianta dalle cui foglie (quelle della Camellia sinensis, per la precisione) si ricava la bevanda più consumata al mondo: il tè.

Ikebana con fiori di campo

La primavera è ormai sbocciata ed esprime in ogni sua manifestazione tutta la vitalità della rinascita. 

È la stagione ideale per passeggiare. Non ci sono più scuse: il clima è mite, le giornate si sono allungate e la natura si offre a noi con festosa generosità.

Passeggiando ho fatto spesso incontri entusiasmanti con piccoli fiori o fili d’erba che poi, una volta giunta a casa, mi hanno ispirato gli ikebana a cui sono più affezionata.

Certo, dal fioraio si trovano materiali molto belli e appariscenti. Ma vuoi mettere la soddisfazione di scegliere quel fiore che hai intravisto in mezzo all’erba, che sembrava fosse lì per te e che ti chiedesse di raccoglierlo?

Questo incontro ha un valore immenso, specialmente quando è inaspettato.

Nel 1874 Robert Louis Stevenson scrisse un breve saggio dal titolo “Come apprezzare i luoghi sgradevoli” (lo trovi pubblicato nella raccolta “La filosofia dell’ombrello” edita da Piano B Edizioni). Con quel suo caratteristico” gusto per il paradosso Stevenson ci spiega che siamo noi a dover entrare nel giusto stato d’animo per riuscire a trarre godimento da qualsiasi luogo, anche il più inospitale. 

In effetti, passeggiando in città, mi è capitato più volte di trovare ‘gemme preziose’ in luoghi abbandonati, tra le crepe di edifici degradati, o lungo i bordi di terreni incolti.

“Perciò ovunque un uomo si trovi, scoprirà qualcosa che gli piace e che lo placa: in città incontrerà volti gradevoli di uomini e donne e vedrà degli splendidi fiori a una finestra, oppure sentirà un uccellino in gabbia cantare all’angolo della strada più buia; e per la campagna – non c’è campagna che non abbia qualche meraviglia – a patto che che l’uomo venga lasciato libero di ricercarla nel giusto stato d’animo, di certo, la troverà”.

Che cosa aspetti? Esci a trovare una meraviglia per creare il tuo ikebana! 

Studio Spazio Bianco

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